Da Vittorio Bellavite (NSC), riceviamo un comunicato sull’Instrumentum Laboris, definito molto “interessante”. Finalmente i problemi veri sono davanti al Popolo di Dio e ai vescovi, grazie a un papa che “ha avuto il coraggio di rovesciare le procedure consuete e di cercare di andare, informalmente, nella direzione di quella sinodalità che è necessaria”.
Comunicato stampa
Le risposte alla consultazione promossa dal Sinodo dei vescovi, così come ci sono state presentate, sono di grande interesse. Nulla di paragonabile con i testi simili dei precedenti sinodi, prolissi, noiosi ed inutili. Tutto ciò si deve a papa Francesco che ha avuto il coraggio di rovesciare le procedure consuete e di cercare di andare, informalmente, nella direzione di quella sinodalità che è necessaria.
Ciò constatato, la lettura dell’Instrumentum laboris solleva questioni, abbastanza ovvie, di metodo. Quali sono le Conferenze episcopali che hanno risposto? Come è stata gestita dal centro dei vari episcopati la consultazione? quanti sono i questionari pervenuti dalla base ai vescovi? Questa base come era composta (parrocchie, associazioni, singoli, aggregazioni spontanee …)? Quali sono le domande più gettonate e quali meno? e via di questo passo. Capisco che non sarebbe stato facile rispondere ma, almeno, qualche informazione in più sarebbe stata necessaria. Dai vescovi italiani poi aspettiamo tutto. Nulla infatti è stato comunicato degli esiti della consultazione nel nostro paese. Noi sappiamo che è stata gestita molto fiaccamente dalle curie diocesane.
I problemi che sono venuti a galla sono tanti, importanti e vitali per il futuro della Chiesa e della proposta dell’Evangelo. Non posso non constatare anzitutto che le questioni raccolte dall’Instrumentum laboris erano state, in gran parte, oggetto da tempo dell’attenzione dell’area “conciliare” della nostra Chiesa in analisi, convegni, libri, lettere aperte ….E’ mancato l’ascolto negli anni passati. Mai, soprattutto nel nostro paese, il sistema ecclesiastico ha accettato, salvo ben poche eccezioni, di dialogare, di cercare di capire le riflessioni sulla nuova realtà della tematica famigliare che molti di noi proponevano. Ci si è attardati a ripetere sempre la stessa musica e a organizzare “campagne” di tipo propagandistico come quella del “Family Day”.
Le questioni ci sono tutte, a partire da quelle della crisi della famiglia (vedi cap. 64-79) con le realtà esterne che spesso ne sono la causa. Ci sono le situazioni nuove che da anni impattano, più di prima, sul vissuto quotidiano di ognuno di noi (media, Internet, consumismo da una parte, precarietà e povertà dall’altra…. …) e quindi anche sulla nostra vita di relazioni, a partire appunto da quella famigliare. Ci sono problemi pastorali difficili da affrontare. Raramente nella storia della nostra Chiesa si è partiti dalle situazioni concrete invece che da anatemi o da prescrizioni. Il “modello di famiglia”, predicato da sempre, ha poche corrispondenze con la realtà, spesso anche nel mondo cattolico. I due sinodi di quest’anno e dell’anno prossimo avranno tante, forse troppe, questioni di cui discutere, ma dovranno essere ben consapevoli che questoInstrumentum preparatorio del Sinodo non ha alcun valore magisteriale. Esso intreccia infatti alle informazioni e alle descrizioni parecchi passaggi dove sembra dettare ancora la linea, quella di sempre, di cui sarà opportuno non tenere conto. Per esempio dove si collega l’omosessualità alla teoria del gender come se l’emergere delle problematiche legate all’omosessualità non sia dovuto alla crescente consapevolezza che gli omosessuali hanno del loro orientamento sessuale ma ad una “confusione dei generi” che avrebbe infettato le società occidentali. Bisogna invece discutere a tutto campo, per certi versi a partire da zero.
Mi chiedo preliminarmente: se il vecchio “modello” di famiglia tiene poco e se le situazioni di cui parla l’Instrumentum sono così diverse da paese a paese, da cultura a cultura, perché non discutere anche della possibilità di una pastorale abbastanza diversificata da paese a paese (penso ai riti, al ruolo della maternità, all’educazione dei figli, al rapporto con la legge civile….), gestita dalle Chiese locali e con un protagonismo accentuato dei laici, delle donne in particolare?
A me sembra che i due sinodi abbiano di fronte, semplificando, due opzioni : la prima è quella di accettare solo una modifica del linguaggio e un approccio più pastorale a tutte le questioni più aperte, la seconda è quella che ritiene indispensabili, almeno su certe questioni, modifiche anche di tipo dottrinale/magisteriale (la storia della Chiesa ne conosce molte). Faccio due esempi concreti: la linea della Humanae Vitae deve essere esplicitamente cambiata. La sua permanente non recezione nel sentire del popolo cristiano non può tollerare ancora ipocrisie come quelle che ancora l’Instrumentum Laboris propone nel suo passo più infelice perché ancora giustificatorio di un errore che un papa, anche se quasi santo, ha commesso. Secondo esempio: la questione dei divorziati risposati esige una soluzione. Il problema viene posto chiaramente nell’Instrumentum in tutti i suoi aspetti; ora i vescovi, supportati da tutti gli operatori di pastorale famigliare, possono decidere per il recupero dell’antica tradizione, seguita ancora oggi dalla Chiesa ortodossa. Queste due scelte, che dovrebbero essere possibili, andrebbero nella direzione di una morale famigliare più fondata sulla libertà di coscienza e la responsabilità personale, oltre che sulla misericordia di cui parla il Vangelo (e papa Francesco). A me sembrerebbe questo un passo vero e facilmente comprensibile, a livello di massa, perché la Chiesa sia maggiormente ascoltata in una società secolarizzata.
Vittorio Bellavite, coordinatore di “Noi Siamo Chiesa”
Roma, 30 giugno 2014